TACCHETTO 12 - SPECIALE NATALIZIO
Il periodo più
bello dell'anno era per Antonio il Natale. Le strade si illuminavano a festa
con brillanti luci colorate sospese da un edificio a un altro, i commercianti
decoravano le vetrine dei negozi col finto spray per simulare la neve e ponevano
ghirlande e festoni come cornice alle ampie vetrate. L'atmosfera diventava
calorosa nonostante la temperatura si abbassasse e pareva quasi fossero tutti
partecipi a un piccolo miracolo della natura quando quelle rare volte cadeva la
neve. Sarebbe stato utile se fosse successo proprio mentre giravano per negozi
- molti aborrivano la neve abituati com'erano al caldo della Sicilia - e quel pomeriggio
la gente si era accalcata per le strade e i negozi per le ultime compere prima
delle feste. C'era molta confusione e anche se spesso tutta quell'atmosfera si traduceva
in una mera trovata commerciale era comunque interessante vedere come tutta
quella calca affollava le strade principali, unite dal comune desiderio di
comprare regali da scartare alla vigilia.
Antonio poi amava
comprare regali per i propri cari, addobbare l'albero nel salotto di casa con
tutto quello che riusciva a raccattare, creare addobbi particolari insieme alla
sorella cucendo i pezzetti di stoffe avanzate e farsi aiutare dalla sorellina
ad allestire il presepe in un piccolo vano della cucina.
Anche Alessandro
amava molto quella festa, ma per motivi diversi, a lui piaceva ricevere doni in
quantità. Per le feste accorrevano a casa nonni e zii e ogni volta era una
gioia. Si ritrovava le tasche piene di banconote e la stanza ricca di ninnoli e
aggeggini da collezione.
Non amava
particolarmente comprare regali, più che altro perché per lui era difficile
indovinare i gusti delle persone, ma per quella volta si era lasciato
trascinare da Antonio in giro per negozi.
L'aria si era
fatta di un freddo pungente e quando parlavano formavano piccole nuvole di
vapore bianco. Erano rimasti a sostare davanti all'espositore di un panificio,
il profumo del pane caldo e il dolce tepore che si provava lì dentro dopo il
freddo della strada risvegliavano ricordi lontani, ai tempi in cui le loro
nonne preparavano le pizze in casa.
Dietro la vetrata dell'espositore avevano
adocchiato i dolci appena sfornati e quelli fritti. Avevano già sgranocchiato
dei pistacchi tostati durante il cammino, ma adesso volevano farsi la
"vucca duci" ed entrando lì dentro a entrambi era venuta l'acquolina
in bocca. Alla fine si erano fatti dare delle zeppole di riso. Quando Antonio -
pur avendone mangiate più della metà - si accorse che non ne erano rimaste più
dentro la confezione che si erano fatti consegnare, si imbronciò. Allora Alessandro
che ne aveva ancora una in mano la spezzò in due e gliene diede metà,
sporcandosi il dito di miele che subito leccò via.
«Ricordi che ti
avevo detto che mi piaceva il calcio?» chiese Antonio mentre passeggiavano in
via Etnea. Alessandro si spolverò le mani sporche di zucchero a velo e annuì.
«Pensi che sarebbe un'idea stupida iscriversi a una squadra di calcio?»
Alessandro lo
osservò e i suoi occhi parvero sorridergli.
«Perché mai
dovrebbe esserlo? Se vuoi farlo, fallo» rispose con la bocca ancora piena.
Antonio annuì
tra sé.
«Ti iscriveresti
insieme a me?» disse con tono innocente.
Alessandro tossì
strozzandosi con la zeppola e Antonio gli diede qualche colpetto alle spalle.
«Io?» chiese
incredulo. «Sono totalmente negato.»
«Mi hai detto
che un tempo facevi calcetto.»
«Beh, sì, ma...
È stato un secolo fa e non ero per niente bravo. Infatti ho smesso.»
Antonio si
rabbuiò. Alessandro sentì una morsa allo stomaco e sospirò.
«Di che si
tratta?»
L'amico saltellò
contento e applaudì come una foca.
«Allora, me lo
ha detto un mio amico dell'arcigay. Praticamente c'è un ragazzo che sta
organizzando questa squadra di calcio gay e sta cercando giocatori. Così avevo
pensato che poteva essere una cosa carina iscriverci assieme.»
«Carina?»
commentò Alessandro scettico. «Faremo una figura ridicola.»
«Pensi che
scelgano dei campioni? L'iscrizione è aperta a tutti, anche a due mezzeseghe
come noi. Eddai! Non ti fare pregare!» Gli mostrò quello sguardo languido che
sapeva farlo sciogliere. Alessandro odiava quando faceva così, perché otteneva
sempre tutto quello che voleva.
«Ci penserò»
sentenziò alla fine.
«Yuppi!» esultò
Antonio. «È più di quanto potessi sperare dal signor Nondarmiiltormento! Allora
adesso ci andiamo a informare.»
«Non ho ancora
accettato!» replicò Alessandro spazientito. Ma Antonio camminava già per i
fatti suoi, parlando da solo e immaginando chissà cosa.
«...E tutti quei
corpi maschili sotto le docce! Già! Te lo immagini?»
«Eh? Scusa come
siamo finiti a questi discorsi? Non si parlava di giocare a calcio?»
«Certo, certo.
Malpensante!» Riprese a camminare. «Ci sarà da divertirsi!» Gli occhi gli
luccicavano.
Alessandro
scosse la testa tra sé, quel tipo era incorreggibile. Sapeva già che per quanto
avesse protestato alla fine si sarebbe lasciato convincere, avrebbe fatto di
tutto per farlo contento.
Si recarono alla
sede dell'arcigay. Avevano preso un caffè in un bar di Piazza Duomo e poi
avevano tirato dritto per Via Vittorio Emanuele.
Alessandro aveva
le farfalle allo stomaco, gli pareva di tornare a vivere un incubo e aveva anche
il timore che qualcuno che conosceva potesse vederlo entrare lì dentro. Alla
sede li aveva accolti un ragazzo bruno, non molto alto, con delle occhiaie
profonde dovute probabilmente a parecchie notti insonni.
«Piacere, io
sono Sirio» aveva detto.
I ragazzi si
presentarono, Sirio parlò loro del progetto e infine prese le adesioni. Li
avrebbe ricontattati non appena avesse avuto notizie dall'organizzatore. Si
fecero lasciare il suo numero e poi si incamminarono verso casa.
Presero delle
stradine per fare prima, cominciava ad abbassarsi la temperatura ed entrambi
non vedevano l'ora di mettersi davanti alla tv con i termosifoni accesi a
guardare "Nightmare Before Christmas".
«Non sono ancora
tanto sicuro di questa cosa...» si lamentò Alessandro. Antonio lo squadrò. Si
trovarono nello spiazzale vuoto di Piazza Carlo Alberto, dove ogni mattina si
svolgeva il mercato.
Adesso puzzava
di un miscuglio di pesce e verdure andate a male. Si trovarono proprio al
centro, dove di solito la sera le donne cinesi che vivevano nella zona si
intrattenevano in danze dalle movenze studiate, a ritmo di canzoni dalle
melodie esotiche. Talvolta lì si mettevano a giocare anche i ragazzini, era un
posto perfetto per quello che Antonio aveva in mente.
Vide per terra
un cavolfiore mezzo marcio, abbandonato a sé stesso, in attesa che la nettezza
urbana se lo portasse via insieme al resto dei rifiuti.
«Proviamo a
giocare, vediamo cosa sai fare» gli intimò.
«Ma non abbiamo
una palla» fece notare Alessandro.
«Useremo questo»
rispose Antonio spingendo con un piccolo calcio il cavolfiore, che si posizionò
ai piedi dell'amico. Questi sorrise, pensava lo stesse prendendo in giro, ma
Antonio era maledettamente serio.
Accettò la
sfida.
«Io faccio il
portiere e tu provi a tirare in porta» gli disse Antonio, «Fa finta che questi
due secchi di immondizia siano i limiti della porta» disse trascinando due
contenitori marroni adibiti per la raccolta dei rifiuti.
«D'accordo,
cominciamo» rispose Alessandro.
Cominciò a
passarsi il cavolfiore da un piede all'altro, correndo in avanti in modo un po'
stentato. Fortunatamente non li guardava nessuno, aveva pensato. Si sarebbe
sentito ridicolo.
A pochi metri
dalla porta aveva indugiato, poi aveva tirato un calcio e anziché lanciargli il
cavolfiore gli era sfuggita la scarpa.
Rise
imbarazzato, ma Antonio non si diede per vinto. Gli lanciò la scarpa, lui la
indossò e strinse i lacci.
«Prova di nuovo»
lo esortò serio l'amico.
Alessandro fece
un altro tentativo, questa volta riuscì a colpire il cavolfiore e Antonio lo
prese al volo.
«Wow!» esclamò
sorpreso Alessandro.
Antonio glielo
passò con un calcio. Ormai l'ortaggio andava sgretolandosi pian piano.
«Riprova.»
L'amico fece un
cenno affermativo col capo ed eseguì. Questa volta ci mise più concentrazione e
con un calcio ben assestato riuscì a oltrepassare le mani di Antonio.
«Gol!» esultò
alzando le braccia al cielo.
Il cavolfiore
era andato del tutto in frantumi. Antonio gli sorrise complice.
«Visto? Non è poi
così male.»
Alessandro
sorrise debolmente, in fin dei conti non aveva tutti i torti. Forse era solo
passato per un'esperienza sbagliata, ma questo non voleva dire precludersi il
divertimento. E dopo tutto era adulto ormai, non doveva più accontentare i
"capricci" dei suoi genitori. Poteva sempre mollare se non gli fosse
piaciuto. Antonio non se ne sarebbe risentito.
Andarono a casa
di Alessandro e questi preparò della cioccolata calda. Era sempre stato
dell'idea che fosse il modo migliore per festeggiare un momento felice e quello
indubbiamente lo era. L'iscrizione alla squadra sembrava l'inizio di un nuovo
cammino per entrambi.
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