giovedì 30 aprile 2015

"In Voluptas Mors", 1951, Salvador Dalì


"In Voluptas Mors".
Opera del 1951 di Salvador Dalì e Philippe Halsman,
una "tavola vivente" composta da sette nudi femminili.
La "composizione" delle modelle richiese più di tre ore a detta di Halsman.
Un'ennesima prova dell'estro simbolista di Dalì.
Il genio visionario di un uomo fuori dagli schemi.

Dettaglio dell'opera.

Le fasi della lavorazione:

 
 
 
 


Fab Draka

martedì 28 aprile 2015

Inquietante manicomio in Russia



Il video è tratto dal film "Entity" (2012) di Steve Stone. La storia parla di una troupe televisiva del programma inglese "Darkest secrets" che si spinge nella remota zona di Sadovich in Russia per far luce su una misteriosa vicenda avvenuta anni prima: 34 cadaveri ritrovati nei boschi di Sadovich senza che le indagini della polizia portassero alla risoluzione del caso. La troupe con l'aiuto della medium Ruth e dell'accompagnatore russo Yuri raggiunge un'abbandonata struttura militare, dove i militari tenevano segregati "particolari pazienti".
Un film ben costruito, anche se si evince già a metà come andrà a finire. Una storia molto simile per certi versi a "ESP - fenomeni paranormali", girato solo un anno prima e che ha riscosso maggiore successo. La suspense viene mantenuta per tutto il film senza smorzarsi mai. Consigliato a chi piacciono le storie di presenze ed entità soprannaturali.

RACCONTO: IL RISTORANTE ETNICO

IL RISTORANTE ETNICO - di Fab Draka



Giovanni Dallammare era sempre stato convinto - erroneamente - che il suo fosse il migliore ristorante del quartiere. Questo perché parenti e amici di famiglia non avevano mai avuto il coraggio di confessargli quanto in realtà fossero scialbi e banali i piatti proposti, pur continuando a servirsi da lui.
Adesso, dopo anni di attività, si ritrovava così a dover far fronte a debiti insostenibili. Costretto a risparmiare sulle spese di gestione, sul personale e sui prodotti utilizzati per cucinare, il suo locale finì col perdere sempre più clientela. E dacché nessuno si occupava più di pulire le cucine, tante micro creature - e non - si erano insinuate negli spazi più angusti per venire allo scoperto belle pasciute, ma difficili da ammazzare.
Le cucine proliferavano così di bestiacce che non solo facevano avariare gli ingredienti, ma ne facevano buon uso per cibarsene ogni qual volta il cuoco non si trovava nei paraggi.
Giovanni non sapeva più che fare. Sarebbe bastata un'ispezione dell'Ufficio Igiene per fargli chiudere i battenti.
Un giorno facendo zapping da un canale all'altro si ritrovò a guardare un programma televisivo riguardante tutti i cibi più strani di cui la gente si alimenta nel mondo. Quando vide friggere ragni grossi come un palmo e roditori che sua moglie avrebbe preso a colpi di scopa, ebbe come un'illuminazione.
«Concetta! Concetta!» urlò dal salotto. Sua moglie, preoccupata, si fiondò nella stanza pensando che al marito stesse a prendere un infarto.
«Ma che c'hai da gridare comme 'nu pazzu?» lo riprese poi vedendolo di fronte alla tv tutto contento.
«Ho trovato la soluzione ai nostri problemi!» esultò.
La moglie lo fissò come inebetita e dopo essersi lasciata spiegare il piano, la sua reazione fu tra la sorpresa e il disgusto.
«Maro' ma dici 'o vero?» chiese incredula.
«Scherzerei mai sul nostro futuro? Abbiamo la soluzione a portata di mano!»
Pochi giorni dopo il ristorante chiuse per rinnovo locali. Tutti erano incuriositi dallo scoprire che novità avrebbe apportato il buon vecchio Giovanni per risollevare le proprie finanze.
Il giorno della riapertura tutto il quartiere si era infatti riunito per assistere alla nuova fase della vita dei Dallammare. Quando il telo che ricopriva la facciata venne tirato giù, la gente rimase sorpresa dal notare che piega drastica avesse preso l'attività di Giovanni.
"Ristorante Thai" diceva l'insegna nuova. I presenti entrarono incuriositi nel locale, ora arredato con bambù, lampade in carta di riso, tendaggi e separé dai disegni orientali. Concetta ricevette i clienti agghindata in un particolare abito esotico, i capelli raccolti all'insù e fermati con uno spillone di legno.
«Trasiti, accomodatevi» li accolse allegra con una serie di lievi inchini.
I clienti presero posto e subito diedero un'occhiata al nuovo menù. Non vi erano foto, ma i nomi delle pietanze facevano venire l'acquolina in bocca. Stuzzichini fritti, bocconcini di carne cotta al vapore, verdurine in pastella e tanto altro. Sembravano piatti parecchio raffinati per il vecchio ristorante dei Dallammare, ma tutti accolsero la novità con piacere e ordinarono impazienti di gustare quelle prelibatezze.
Su piatti quadrati, disposti coreograficamente, Concetta servì loro spiedini dorati di ratto grigliato, aracnidi croccanti cotti al forno, blatte pastellate e fritte che scoppiettavano sotto i denti lasciando fuoriuscire il loro ripieno denso come pus.
In molti inorriditi scapparono dal locale senza nemmeno servirsi. Altri per non dare un dispiacere ai proprietari, loro amici, decisero di restare e assaggiare loro malgrado quei piatti "etnici", con l'intenzione poi di vomitarli a casa.
Il nuovo tentativo dei Dallammare tuttavia non si rivelò un flop totale, poiché turisti e singolari gourmet si fermarono al locale per assaporare le nuove pietanze, che trovarono gustose e interessanti. Questo almeno finché la polizia non venne informata dalla clientela insospettita.
Le rivisitazioni culinarie dei Dallammare finirono così su tutti i giornali e per quanto astuta potesse sembrare la trovata di Giovanni, alla fine non fece altro che mandarlo in rovina e renderlo tristemente celebre.


Fab Draka

lunedì 27 aprile 2015

RECENSIONE DEL LIBRO "IL DOPPIO" DI ANTON F. MILICIA




"Il mondo terreno non può funzionare senza di noi, perché è su di noi che si poggia". Questa frase tratta dal libro "Il Doppio - Il martello dell'Ade" di Anton Francesco Milicia, rappresenta in pieno l'essenza del male che comanda incontrastato sulla terra. E il male la insidia sottilmente in quest'opera con la sua "Terra di sotto". Una storia country-horror che ci offre - soprattutto nella prima metà - uno spaccato storico, culturale e sociale di territori ricchi di tradizione e fascino quali quelli della Locride calabrese e della Maremma pisana.
Casignana è il luogo da cui parte questa avventura nei sottostrati sociali e culturali di un'Italia poco conosciuta. Protagonista ne è Lorenzo, geometra iscrittosi tardamente alla facoltà di Architettura, con una tesi su Giovanni Michelucci da terminare e una laurea da conseguire. Intraprende un lungo viaggio per arricchire di materiale la propria ricerca, che dalla Calabria lo spinge lentamente su fino in Toscana, precisamente a Sasso Pisano, piccola località turistica famosa per i suoi soffioni e lagoni boraciferi sfruttati per la produzione di energia elettrica. Qui verrà a contatto indirettamente con la Terra di sotto e con chi la governa. Questo mondo sotterraneo, anche se non pienamente descritto, risulta essere una sorta di Inferno in cui demoni insaziabili si nutrono di anime, ribollendo tra i vapori sulfurei delle falde acquifere sotterranee.
Dopo una premessa che ci mostra uno squarcio paesaggistico dell'Italia, nella terza parte del libro si entra nel vero e proprio scenario horror. In alcune scelte questa parte smorza un po' dell'attrattiva che aveva suscitato precedentemente nel corso della lettura. Forse anche per l'aspettativa di addentrarsi in questa Terra di sotto, di cui l'autore definisce solo alcuni sprazzi, soffermandosi più che altro sul misterioso e macabro rituale del "Mosaico".
L'opera ingloba sapientemente nel proprio sviluppo elementi di storia, cronaca nera e letteratura, nonché di arte, tecnologia e medicina. È un insieme di conoscenze ben inserite qua e là nella vicenda che dimostra una notevole consapevolezza dell'autore della materia trattata (com'è giusto che sia), seppure in alcuni dialoghi certi concetti risultino superflui e stonino leggermente con le vicende narrate. Milicia riesce inoltre a valorizzare la sua zona e i prodotti della stessa, incuriosendo il lettore verso le località della costa ionica calabrese, ma anche di Sasso Pisano e dintorni, tanto da spingerti a voler intraprendere un viaggio solo per visitarli e ripercorrere le tappe della storia. Scenari in cui il demonio sembra far sentire prepotentemente il proprio pestilenziale respiro di zolfo per mezzo della natura.
Belle e colorite le descrizioni e le metafore, che ti fanno calare perfettamente nell'atmosfera horror (un esempio: il bastone dell'inquietante vecchietto sulla passerella metallica che risuona come campane a morte).
Unica piccola pecca di questo libro sono a mio avviso i dialoghi. L'autore infatti, pur conferendo a ognuno dei personaggi un dialetto tipico del luogo, talvolta li fa esprimere sullo stesso tono (colto) e in questo modo i dialoghi non danno giusto spessore ai personaggi, facendoli apparire molto simili tra loro e non delineandoli quindi nelle loro singole personalità (questo si evince soprattutto dall'ingegnere rasta, dal prete e dal vecchio col bastone). Per questo motivo i dialoghi risultano talvolta poco convincenti e forzati, tanto da spezzare la suspense che poco prima si era venuta a creare; i personaggi dicono più di quello che dovrebbero, rompendo quel velo di mistero che avvolge la vicenda. Questi aspetti, seppure possano risultare irrilevanti per i più, a mio parere smontano in parte la struttura della storia, precedentemente ben costruita, facendola così apparire un po' prevedibile.
Nel complesso è comunque un buon libro, che ti lascia incollato alle pagine grazie a un ritmo incalzante e una narrazione mai eccessivamente prolissa, ma anzi ben bilanciata.
Ogni capitolo è accompagnato da immagini realizzate dall'autore e inserite alla fine di ognuno di essi; intrigante anche la copertina, sempre a cura dell'autore.


Fab Draka

martedì 21 aprile 2015

RACCONTO: DUE GOCCE D'ACQUA

DUE GOCCE D’ACQUA - di Fab Draka





«C’erano una volta due fratelli gemelli di nome Prick e Dick.»
«Avanti, smettila...»
«Ma erano davvero questi i loro nomi! Non mi interrompere, dicevo…»
“C’erano una volta due fratelli gemelli di nome Prick e Dick. Quest’ultimo aveva improvvisamente deciso all’età di ventitré anni di sposarsi con la dolce Pussy Kate...”
«Ma dai!»
«Se non la smetti non racconto più.»
“Pussy Kate era molto carina e dalla mentalità aperta, tanto da non trovare difficoltà nell’accettare anche il cognato Prick, dichiaratamente gay. Quest’ultimo, a differenza del fratello, non ne voleva sapere di sposarsi, ma era contento che Dick avesse trovato la sua metà. Sosteneva di essere troppo giovane per accasarsi e voleva godersi la vita ancora per un po’ insieme al suo ragazzo Ash, che a letto ci dava dentro da matti. Particolarmente ricettivo, Ash sapeva cogliere i desideri di Prick senza che lui avesse nemmeno il bisogno di esporli e soddisfaceva ogni sua richiesta ogni volta che voleva. Dick e Pussy Kate ebbero modo di accorgersene presto, poiché durante i preparativi per il matrimonio decisero di comune accordo di convivere per un breve periodo assieme nella casa dei genitori, che era stata lasciata in dono a Dick. Ogni notte pareva che nella stanza a fianco stesse scoppiando una guerra e i due si chiedevano con grande curiosità cosa stessero combinando quei due porcellini dall’altra parte del muro.
Dick in particolare cominciò a essere stranamente incuriosito dalle pratiche del fratello. Era da parecchio tempo che non aveva rapporti con una ragazza. Come se non bastasse, la sua cara Pussy Kate aveva deciso di voler arrivare illibata al matrimonio e per lui quella si era rivelata una prova troppo ardua da sostenere. E sentire tutti quegli ansimi, accompagnati dalle molle del letto che cigolavano, non aiutava a mantenerlo sereno. Nonostante quel piccolo problemuccio tuttavia si trovarono davvero bene a convivere assieme e Dick si rese conto che tutto ciò gli sarebbe mancato una volta sposato. Lo consolava solo il pensiero di dare finalmente una svolta alla propria vita.
Era pieno agosto e mancava poco meno di una settimana al matrimonio. Dick si era messo ad annaffiare il bellissimo roseto che sua madre aveva creato nel giardinetto di casa (non per altro era una nota fiorista). Se ne stava a petto nudo, con le goccioline di sudore che pian piano scivolavano sui pettorali e sugli addominali ben scolpiti. Era bellissimo e sexy, proprio come suo fratello Prick. Identici come due gocce d’acqua.
Quel giorno Pussy Kate e Prick erano andati insieme a ritirare l’abito da sposa dal negozio. Prick era stato contento di accompagnare la cognata per la prova finale dell’abito, accettando di fingersi il fratello sotto richiesta di quest’ultimo, per non rompere la tradizione secondo cui porta sfortuna vedere la sposa prima delle nozze. Pussy Kate non era per niente superstiziosa, ma Dick sì e parecchio.
Nel frattempo Ash, che era stato fuori città per un paio di giorni, scendendo dal taxi che lo aveva riportato a casa si era trovato in giardino davanti al bel sedere di Dick, piegato in avanti mentre tagliava alcuni rametti.
«Non pensavo ti dedicassi al giardinaggio» disse. Dick si voltò un attimo, lo salutò con un sorriso e rispose tranquillamente.
«Non lo faccio sempre, ma sta diventando un’abitudine.» Tornò a sistemare l’aiuola e all’improvviso Ash gli palpeggiò il sedere. Dick sussultò e voltandosi incredulo urlò contro il ragazzo.
«Ma che fai?»
«Ah, scusa, hai ragione. Siamo in pubblico» disse Ash arrossendo. «Possiamo appartarci se vuoi…» aggiunse ammiccante togliendo col dito alcune gocce di sudore dal petto di Dick. Il ragazzo rimase senza parole, poi capì. Ash doveva averlo scambiato per suo fratello. Quale ironia! Due fratelli che si erano scambiati di identità.
Dopo un attimo di confusione Dick fece per spiegare la situazione, ma Ash gli tappò la bocca con un dito. «Vedrai che faremo prima che gli altri tornino.»
Dick non capì se volontariamente Ash lo avesse scambiato per Prick o se fosse solo un grande malinteso, ma quando Ash gli tappò la bocca in quel modo provò un brivido d’eccitazione. Sarebbe stato sleale verso Pussy Kate e Prick quel comportamento, ma gli ormoni ebbero la meglio. Gli si presentava l’occasione di realizzare una fantasia che lo incuriosiva da giorni e Ash in fin dei conti era un bel ragazzo. C’era stata una notte in cui Dick aveva addirittura provato un po’ di attrazione nei suoi confronti.
Era successo qualche giorno prima, alle prove della cena per il matrimonio. La sala era stata imbandita con veli bianchi e celesti, ricoprendo le grandi vetrate squadrate che la circondavano. Il tavolo della cena era lunghissimo e vi erano stati disposti i parenti più stretti e gli amici. Gli altri invitati erano invece stati distribuiti all’interno della sala in tavoli circolari con al centro composizioni floreali degne della maestria materna. La cena era stata ottima e mentre gli ospiti parlavano rumorosamente, Dick era andato sulla balconata del terrazzo a fumare una sigaretta. Vi trovò Ash, appoggiato al balcone di marmo che guardava l’orizzonte con occhi sognanti. Anche lui stava fumando. Dick perlustrò le tasche in cerca di un accendino e Ash gli prestò il suo.
«Grazie.» Accese la sigaretta e gli restituì l’accendino.
«Di niente» rispose Ash. «Così uguali e così diversi» aggiunse dopo una breve pausa.
«Che vuoi dire?»
«Prick mi farebbe una ramanzina se mi vedesse fumare, per questo sono venuto qui fuori.» Tirò una boccata. «Tu invece non ti fai problemi. Come me te ne freghi degli effetti sulla salute.»
«Prima o poi tocca a tutti tirare le cuoia.»
«Amen!» esclamò Ash ridendo.
«Halleluja!» replicò Dick e per un attimo si guardarono negli occhi intensamente. «Siamo cresciuti diversamente, tutto qui» continuò distogliendo lo sguardo, sentì una strana sensazione allo stomaco, le famose farfalle. Rimasero in silenzio per qualche minuto fissando la notte e le stelle. Poi il volto di Ash fu attraversato da un’espressione di totale malinconia.
«Che succede?» chiese Dick osservandolo.
«Nulla» rispose Ash scuotendo la testa. Prese un’altra boccata dalla sua sigaretta. «È solo che a volte mi capita di sentirmi fuoriposto.»
«In che senso?»
Ash spense la sigaretta sulla balconata e la gettò nel buio della notte, poi fissò Dick. «Sai, vedere tutte quelle famiglie che sembrano avere una vita perfetta è così... destabilizzante. Il fatto è che credo non raggiungerò mai quel livello di accettazione che vi rende tanto soddisfatti. Voi potete realizzare le vostre vite senza grandi ostacoli. Per noi gay già definirci tali è un ostacolo gran parte delle volte. Questo mi blocca.»
«Insomma vuoi dirmi che per voi... scusa, che per te la vita è difficile.» Ash lo guardò dritto negli occhi.
«Lo è per tutti.» Spostò nuovamente lo sguardo nel buio. «Noi però dobbiamo avere a che fare con tanta merda prima di definirci veramente liberi. E c’è sempre qualcuno che vuole mettercela in quel posto per fregarci. Spesso è come se non facessimo parte dell’ambiente. Ci sentiamo estranei e vorremmo cambiare le cose, ma non ci è permesso. Contiamo meno di zero. A volte ti senti piccolo come una formica.»
«Wow! Non ti credevo così profondo!» esclamò con enfasi.
«Perché tu come tanti altri mi credi solo una checca senza cervello.»
«No, mi hai frainteso» cercò di scusarsi rammaricato, «È che sembri un ragazzo così spensierato, stravagante.»
«Ovvero frivolo? Convinzione tipicamente etero. È proprio di questo che ti parlavo. È anche per colpa vostra se ci sentiamo fuori posto. Ci credete tutti uguali.» Se ne stava per andare, ma Dick lo trattenne per il braccio. «Tu non capisci niente. Vuoi fare quello di mentalità aperta, ma in realtà sei come quelli che ci credono tutti pervertiti in cerca di cazzo.»
Dick si crucciò un po’ e provò tenerezza per lui.
«Non smettere mai di lottare per quello in cui credi.» Gli fece un buffetto sulla guancia e Ash sembrò mostrare un accenno di sorriso, ma giocò a fare l’offeso e tornò alla festa. Dick lo trovò adorabile e provò una sensazione strana tornando in sala, la stessa che provava ora trovandoselo davanti mentre gli accarezzava il petto sudato. Si rese conto di essere eccitato. Che ci fosse un po’ di Prick anche in lui? Non ci pensò troppo e le conseguenze dell’azione che avrebbe commesso passarono in secondo piano. Lo prese per mano e lo condusse dentro casa verso il letto di Prick.
Il profumo di Ash era inebriante, speziato e forte. Dick non si era mai arrapato per il profumo di un uomo, ma quello era fantastico. Ash sembrava in trance, era sempre stata una sua fantasia erotica scopare col giardiniere. Faceva tanto soap-opera ma lo divertiva.
Fecero l’amore due volte di seguito, Dick non sembrava mai sazio. Era sconvolto da tutte le emozioni che provava. E tra orgasmi e sensi di colpa si ritrovò sdraiato sul letto, ormai totalmente sfinito, accanto ad Ash che lo era a sua volta. Prese una sigaretta e se la portò alla bocca. Ash fece un balzo dal letto.
«Che ti prende? Sei impazzito?» esclamò Dick con la sigaretta tra i denti.
«Tu! Tu stai fumando! Non sei Prick!» Dick ebbe un tuffo al cuore. Improvvisamente realizzò la stupidaggine che aveva fatto. Si sarebbe sposato tra pochi giorni e aveva tradito Pussy Kate con un uomo. Cosa le avrebbe detto? E Prick come l’avrebbe presa? Ma soprattutto come poteva giustificarsi con Ash dopo averlo usato in quel modo?
Ash si teneva la testa come se dovesse esplodergli da un momento all’altro. Si sentiva incredibilmente colpevole per aver tradito il suo ragazzo. E forse la cosa che più lo faceva sentire in colpa era di aver immaginato, quasi sperato, che la persona con cui stava facendo sesso fosse Dick.
«Cosa abbiamo fatto?» esclamò col terrore negli occhi.
«Oddio Ash, mi dispiace. Io non so cosa mi è preso, non...»
«No, Dick. È stata anche colpa mia. L’abbiamo fatto insieme e poi...» Fermò il suo sguardo nel vuoto.
«E poi cosa?»
«E poi lo desideravo un po’…» Quell’affermazione sorprese Dick.
«Che vuoi dire Ash? Mi hai provocato intenzionalmente?» Si sentì a sua volta usato e il pensiero lo ripugnò. Era stato manipolato. «È stato un errore, non accadrà mai più» disse vestendosi velocemente. Si fermò un attimo. «E non è mai accaduto Ash» lo minacciò.
Ash si sentì sprofondare, trattenne le lacrime e annuì. Dick uscì dalla stanza e Ash non resse più, scoppiò a piangere coprendo gli occhi per la vergogna.
Il giorno del matrimonio tutto era pronto, tranne lo sposo. Da quell’avventura clandestina lui e Ash non si erano più rivolti la parola. Fra di loro solo sguardi sfuggenti e ostili. Ora che era arrivato il grande momento Dick non si sentiva pronto. Mille pensieri e ripensamenti gli affollavano la testa. Stava facendo la cosa giusta? Pussy Kate era davvero quello che voleva? Perché andare a letto con Ash lo aveva soddisfatto molto più di quanto avrebbe potuto la dolce Pussy Kate? E perché ogni volta che scrutava Ash di nascosto provava quella strana sensazione al basso ventre? Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dall’entrata in stanza della causa di tutto quel tormento.
«Che ci fai qui?» chiese Dick sorpreso.
«Gli invitati non ti hanno ancora visto entrare e sai com’è la tradizione, la sposa non può entrare se non c’è il suo sposo ad attenderla.»
«Ah. Giusto» disse cupo.
«Ci hai ripensato?»
Dick lo fissò. «Non lo so. Non so più cosa fare.»
«È colpa mia?»
«Sì lo è Ash.» Si sedette su una panca. «Tu mi hai confuso. Io ho paura che...» In quel momento entrò Prick tutto pimpante. «Ehi fratellone, che succede? Hai la sindrome da fuga dal matrimonio?»
«Smettila Prick, lascialo in pace.»
«Ehi, se non se la sente non gli punta nessuno una pistola contro.» Infilò una mano in tasca e ne uscì un mazzo di chiavi. «Se vuoi qua fuori c’è la mia nuova decappottabile» disse sventolandogliele davanti. «Sei ancora in tempo se vuoi scappare.» Rise.
Dick le osservò penzolare davanti ai suoi occhi e in un colpo le prese uscendo di corsa dalla stanza. Prick ne fu sorpreso e al contempo turbato.
«Io scherzavo, non pensavo lo avrebbe fatto davvero!» esclamò.
«Aspetta Dick!» urlò Ash. Diede un bacio veloce al suo ragazzo e si accostò alla porta. «Ti spiegherò Prick, mi dispiace.» Se ne andò, saltando sull’auto insieme a Dick. Quest’ultimo ingranò la marcia e insieme sfrecciarono verso le campagne.
«Non ci posso credere che lo stiamo facendo davvero!» esclamò contento Ash.
«Potrebbe essere l’errore più grande della mia vita, ma non voglio rischiare di non commetterlo.»
Ash lo baciò sulla guancia. «Non so perché, ma speravo mollassi tutto.»
«Io lo so il perché. Non ho fatto altro che pensarci tutto il tempo. Credo che tu mi abbia in qualche modo cambiato Ash. Da quel giorno sono cambiate tante cose per me.»
«Anch’io credo di essere cambiato.» Lasciò quella frase sospesa in aria, come se racchiudesse in sé un significato più profondo, ma non necessitasse una spiegazione.
«Secondo te sono stato crudele con Pussy Kate e Prick?»
Ash ci pensò su un attimo. «No, credo sia la tua natura. Ho sempre sospettato che fossi il gemello cattivo.» Scoppiarono a ridere e sgommando diventarono una macchia sempre più piccola all’orizzonte.”
Morale della fiaba? Non saprei. Forse quando ci aspettiamo che qualcosa vada in un modo, spesso finisce al contrario, e per quanto desideriamo che somigli ai nostri desideri non è mai realmente come vorremmo.


mercoledì 8 aprile 2015

Il nuovo video di Madonna "Ghosttown"



Maybe it was all too much
Too much for a man to take
Everything's bound to break
Sooner or later, sooner or later

You're all that I can trust
Facing the darkest days
Everyone ran away
We're gonna stay here, we're gonna stay here

Ah, ah
I know you're scared tonight
Ah, ah
I'll never leave your side

When it all falls, when it all falls down
I'll be your fire when the lights go out
When there's no one, no one else around
We'll be two souls in a ghosttown

When the world gets cold, I'll be your cover
Let's just hold onto each other
When it all falls, when it all falls down
We'll be two souls in a ghosttown

Tell me how we got this far
Every man for himself
Everything's gone to hell
We gotta stay strong, we're gonna hold on

This world has turned to dust
All we've got left is love
Might as well start with us
Singing a new song, something to build on

Ah, ah
I know you're scared tonight
Ah, ah
I'll never leave your side

When it all falls, when it all falls down
I'll be your fire when the lights go out
When there's no one, no one else around
We'll be two souls in a ghosttown

When the world gets cold, I'll be your cover
Let's just hold onto each other
When it all falls, when it all falls down
We'll be two souls in a ghosttown

I know we're alright
'Cause we'll never be alone in this mad mad, in this mad mad world
Even with no light
We're gonna shine like gold in this mad mad, in this mad mad world

When it all falls, when it all falls down
I'll be your fire when the lights go out
When there's no one, no one else around
We'll be two souls in a ghosttown

When it all falls, when it all falls down
I'll be your fire when the lights go out
When there's no one, no one else around
We'll be two souls in a ghosttown

When the world gets cold, I'll be your cover
Let's just hold onto each other
When it all falls, when it all falls down
We'll be two souls in a ghosttown
When it all falls, when it all falls down
We'll be two souls in a ghosttown

domenica 5 aprile 2015