DUE
GOCCE D’ACQUA - di Fab Draka
«C’erano una volta
due fratelli gemelli di nome Prick e Dick.»
«Avanti, smettila...»
«Ma erano davvero
questi i loro nomi! Non mi interrompere, dicevo…»
“C’erano una volta
due fratelli gemelli di nome Prick e Dick. Quest’ultimo aveva improvvisamente
deciso all’età di ventitré anni di sposarsi con la dolce Pussy Kate...”
«Ma dai!»
«Se non la smetti
non racconto più.»
“Pussy Kate era
molto carina e dalla mentalità aperta, tanto da non trovare difficoltà nell’accettare
anche il cognato Prick, dichiaratamente gay. Quest’ultimo, a differenza del
fratello, non ne voleva sapere di sposarsi, ma era contento che Dick avesse
trovato la sua metà. Sosteneva di essere troppo giovane per accasarsi e voleva
godersi la vita ancora per un po’ insieme al suo ragazzo Ash, che a letto ci
dava dentro da matti. Particolarmente ricettivo, Ash sapeva cogliere i desideri
di Prick senza che lui avesse nemmeno il bisogno di esporli e soddisfaceva ogni
sua richiesta ogni volta che voleva. Dick e Pussy Kate ebbero modo di
accorgersene presto, poiché durante i preparativi per il matrimonio decisero di
comune accordo di convivere per un breve periodo assieme nella casa dei
genitori, che era stata lasciata in dono a Dick. Ogni notte pareva che nella
stanza a fianco stesse scoppiando una guerra e i due si chiedevano con grande
curiosità cosa stessero combinando quei due porcellini dall’altra parte del
muro.
Dick in particolare
cominciò a essere stranamente incuriosito dalle pratiche del fratello. Era da
parecchio tempo che non aveva rapporti con una ragazza. Come se non bastasse, la
sua cara Pussy Kate aveva deciso di voler arrivare illibata al matrimonio e per
lui quella si era rivelata una prova troppo ardua da sostenere. E sentire tutti
quegli ansimi, accompagnati dalle molle del letto che cigolavano, non aiutava a
mantenerlo sereno. Nonostante quel piccolo problemuccio tuttavia si trovarono
davvero bene a convivere assieme e Dick si rese conto che tutto ciò gli sarebbe
mancato una volta sposato. Lo consolava solo il pensiero di dare finalmente una
svolta alla propria vita.
Era pieno agosto e
mancava poco meno di una settimana al matrimonio. Dick si era messo ad
annaffiare il bellissimo roseto che sua madre aveva creato nel giardinetto di
casa (non per altro era una nota fiorista). Se ne stava a petto nudo, con le
goccioline di sudore che pian piano scivolavano sui pettorali e sugli
addominali ben scolpiti. Era bellissimo e sexy, proprio come suo fratello
Prick. Identici come due gocce d’acqua.
Quel giorno Pussy
Kate e Prick erano andati insieme a ritirare l’abito da sposa dal negozio.
Prick era stato contento di accompagnare la cognata per la prova finale
dell’abito, accettando di fingersi il fratello sotto richiesta di quest’ultimo,
per non rompere la tradizione secondo cui porta sfortuna vedere la sposa prima
delle nozze. Pussy Kate non era per niente superstiziosa, ma Dick sì e
parecchio.
Nel frattempo Ash,
che era stato fuori città per un paio di giorni, scendendo dal taxi che lo
aveva riportato a casa si era trovato in giardino davanti al bel sedere di
Dick, piegato in avanti mentre tagliava alcuni rametti.
«Non pensavo ti
dedicassi al giardinaggio» disse. Dick si voltò un attimo, lo salutò con un
sorriso e rispose tranquillamente.
«Non lo faccio
sempre, ma sta diventando un’abitudine.» Tornò a sistemare l’aiuola e
all’improvviso Ash gli palpeggiò il sedere. Dick sussultò e voltandosi
incredulo urlò contro il ragazzo.
«Ma che fai?»
«Ah, scusa, hai
ragione. Siamo in pubblico» disse Ash arrossendo. «Possiamo appartarci se
vuoi…» aggiunse ammiccante togliendo col dito alcune gocce di sudore dal petto
di Dick. Il ragazzo rimase senza parole, poi capì. Ash doveva averlo scambiato
per suo fratello. Quale ironia! Due fratelli che si erano scambiati di
identità.
Dopo un attimo di
confusione Dick fece per spiegare la situazione, ma Ash gli tappò la bocca con
un dito. «Vedrai che faremo prima che gli altri tornino.»
Dick non capì se
volontariamente Ash lo avesse scambiato per Prick o se fosse solo un grande
malinteso, ma quando Ash gli tappò la bocca in quel modo provò un brivido
d’eccitazione. Sarebbe stato sleale verso Pussy Kate e Prick quel
comportamento, ma gli ormoni ebbero la meglio. Gli si presentava l’occasione di
realizzare una fantasia che lo incuriosiva da giorni e Ash in fin dei conti era
un bel ragazzo. C’era stata una notte in cui Dick aveva addirittura provato un
po’ di attrazione nei suoi confronti.
Era successo
qualche giorno prima, alle prove della cena per il matrimonio. La sala era stata
imbandita con veli bianchi e celesti, ricoprendo le grandi vetrate squadrate
che la circondavano. Il tavolo della cena era lunghissimo e vi erano stati
disposti i parenti più stretti e gli amici. Gli altri invitati erano invece
stati distribuiti all’interno della sala in tavoli circolari con al centro
composizioni floreali degne della maestria materna. La cena era stata ottima e
mentre gli ospiti parlavano rumorosamente, Dick era andato sulla balconata del
terrazzo a fumare una sigaretta. Vi trovò Ash, appoggiato al balcone di marmo
che guardava l’orizzonte con occhi sognanti. Anche lui stava fumando. Dick
perlustrò le tasche in cerca di un accendino e Ash gli prestò il suo.
«Grazie.» Accese la
sigaretta e gli restituì l’accendino.
«Di niente» rispose
Ash. «Così uguali e così diversi» aggiunse dopo una breve pausa.
«Che vuoi dire?»
«Prick mi farebbe
una ramanzina se mi vedesse fumare, per questo sono venuto qui fuori.» Tirò una
boccata. «Tu invece non ti fai problemi. Come me te ne freghi degli effetti sulla
salute.»
«Prima o poi tocca
a tutti tirare le cuoia.»
«Amen!» esclamò Ash
ridendo.
«Halleluja!»
replicò Dick e per un attimo si guardarono negli occhi intensamente. «Siamo cresciuti
diversamente, tutto qui» continuò distogliendo lo sguardo, sentì una strana
sensazione allo stomaco, le famose farfalle. Rimasero in silenzio per qualche
minuto fissando la notte e le stelle. Poi il volto di Ash fu attraversato da
un’espressione di totale malinconia.
«Che succede?»
chiese Dick osservandolo.
«Nulla» rispose Ash
scuotendo la testa. Prese un’altra boccata dalla sua sigaretta. «È solo che a
volte mi capita di sentirmi fuoriposto.»
«In che senso?»
Ash spense la
sigaretta sulla balconata e la gettò nel buio della notte, poi fissò Dick.
«Sai, vedere tutte quelle famiglie che sembrano avere una vita perfetta è così...
destabilizzante. Il fatto è che credo non raggiungerò mai quel livello di
accettazione che vi rende tanto soddisfatti. Voi potete realizzare le vostre
vite senza grandi ostacoli. Per noi gay già definirci tali è un ostacolo gran
parte delle volte. Questo mi blocca.»
«Insomma vuoi dirmi
che per voi... scusa, che per te la
vita è difficile.» Ash lo guardò dritto negli occhi.
«Lo è per tutti.»
Spostò nuovamente lo sguardo nel buio. «Noi però dobbiamo avere a che fare con
tanta merda prima di definirci veramente liberi. E c’è sempre qualcuno che
vuole mettercela in quel posto per fregarci. Spesso è come se non facessimo
parte dell’ambiente. Ci sentiamo estranei e vorremmo cambiare le cose, ma non
ci è permesso. Contiamo meno di zero. A volte ti senti piccolo come una
formica.»
«Wow! Non ti
credevo così profondo!» esclamò con enfasi.
«Perché tu come
tanti altri mi credi solo una checca senza cervello.»
«No, mi hai
frainteso» cercò di scusarsi rammaricato, «È che sembri un ragazzo così
spensierato, stravagante.»
«Ovvero frivolo?
Convinzione tipicamente etero. È proprio di questo che ti parlavo. È anche per
colpa vostra se ci sentiamo fuori posto. Ci credete tutti uguali.» Se ne stava
per andare, ma Dick lo trattenne per il braccio. «Tu non capisci niente. Vuoi
fare quello di mentalità aperta, ma in realtà sei come quelli che ci credono tutti
pervertiti in cerca di cazzo.»
Dick si crucciò un
po’ e provò tenerezza per lui.
«Non smettere mai
di lottare per quello in cui credi.» Gli fece un buffetto sulla guancia e Ash sembrò
mostrare un accenno di sorriso, ma giocò a fare l’offeso e tornò alla festa.
Dick lo trovò adorabile e provò una sensazione strana tornando in sala, la
stessa che provava ora trovandoselo davanti mentre gli accarezzava il petto
sudato. Si rese conto di essere eccitato. Che ci fosse un po’ di Prick anche in
lui? Non ci pensò troppo e le conseguenze dell’azione che avrebbe commesso
passarono in secondo piano. Lo prese per mano e lo condusse dentro casa verso
il letto di Prick.
Il profumo di Ash
era inebriante, speziato e forte. Dick non si era mai arrapato per il profumo
di un uomo, ma quello era fantastico. Ash sembrava in trance, era sempre stata
una sua fantasia erotica scopare col giardiniere. Faceva tanto soap-opera ma lo
divertiva.
Fecero l’amore due
volte di seguito, Dick non sembrava mai sazio. Era sconvolto da tutte le
emozioni che provava. E tra orgasmi e sensi di colpa si ritrovò sdraiato sul
letto, ormai totalmente sfinito, accanto ad Ash che lo era a sua volta. Prese
una sigaretta e se la portò alla bocca. Ash fece un balzo dal letto.
«Che ti prende? Sei
impazzito?» esclamò Dick con la sigaretta tra i denti.
«Tu! Tu stai
fumando! Non sei Prick!» Dick ebbe un tuffo al cuore. Improvvisamente realizzò la
stupidaggine che aveva fatto. Si sarebbe sposato tra pochi giorni e aveva
tradito Pussy Kate con un uomo. Cosa le avrebbe detto? E Prick come l’avrebbe
presa? Ma soprattutto come poteva giustificarsi con Ash dopo averlo usato in
quel modo?
Ash si teneva la
testa come se dovesse esplodergli da un momento all’altro. Si sentiva
incredibilmente colpevole per aver tradito il suo ragazzo. E forse la cosa che
più lo faceva sentire in colpa era di aver immaginato, quasi sperato, che la
persona con cui stava facendo sesso fosse Dick.
«Cosa abbiamo
fatto?» esclamò col terrore negli occhi.
«Oddio Ash, mi
dispiace. Io non so cosa mi è preso, non...»
«No, Dick. È stata
anche colpa mia. L’abbiamo fatto insieme e poi...» Fermò il suo sguardo nel
vuoto.
«E poi cosa?»
«E poi lo
desideravo un po’…» Quell’affermazione sorprese Dick.
«Che vuoi dire Ash?
Mi hai provocato intenzionalmente?» Si sentì a sua volta usato e il pensiero lo
ripugnò. Era stato manipolato. «È stato un errore, non accadrà mai più» disse
vestendosi velocemente. Si fermò un attimo. «E non è mai accaduto Ash» lo
minacciò.
Ash si sentì
sprofondare, trattenne le lacrime e annuì. Dick uscì dalla stanza e Ash non
resse più, scoppiò a piangere coprendo gli occhi per la vergogna.
Il giorno del
matrimonio tutto era pronto, tranne lo sposo. Da quell’avventura clandestina lui
e Ash non si erano più rivolti la parola. Fra di loro solo sguardi sfuggenti e
ostili. Ora che era arrivato il grande momento Dick non si sentiva pronto.
Mille pensieri e ripensamenti gli affollavano la testa. Stava facendo la cosa
giusta? Pussy Kate era davvero quello che voleva? Perché andare a letto con Ash
lo aveva soddisfatto molto più di quanto avrebbe potuto la dolce Pussy Kate? E
perché ogni volta che scrutava Ash di nascosto provava quella strana sensazione
al basso ventre? Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dall’entrata in
stanza della causa di tutto quel tormento.
«Che ci fai qui?»
chiese Dick sorpreso.
«Gli invitati non
ti hanno ancora visto entrare e sai com’è la tradizione, la sposa non può
entrare se non c’è il suo sposo ad attenderla.»
«Ah. Giusto» disse
cupo.
«Ci hai ripensato?»
Dick lo fissò. «Non
lo so. Non so più cosa fare.»
«È colpa mia?»
«Sì lo è Ash.» Si
sedette su una panca. «Tu mi hai confuso. Io ho paura che...» In quel momento
entrò Prick tutto pimpante. «Ehi fratellone, che succede? Hai la sindrome da
fuga dal matrimonio?»
«Smettila Prick,
lascialo in pace.»
«Ehi, se non se la
sente non gli punta nessuno una pistola contro.» Infilò una mano in tasca e ne
uscì un mazzo di chiavi. «Se vuoi qua fuori c’è la mia nuova decappottabile»
disse sventolandogliele davanti. «Sei ancora in tempo se vuoi scappare.» Rise.
Dick le osservò
penzolare davanti ai suoi occhi e in un colpo le prese uscendo di corsa dalla
stanza. Prick ne fu sorpreso e al contempo turbato.
«Io scherzavo, non
pensavo lo avrebbe fatto davvero!» esclamò.
«Aspetta Dick!»
urlò Ash. Diede un bacio veloce al suo ragazzo e si accostò alla porta. «Ti
spiegherò Prick, mi dispiace.» Se ne andò, saltando sull’auto insieme a Dick.
Quest’ultimo ingranò la marcia e insieme sfrecciarono verso le campagne.
«Non ci posso
credere che lo stiamo facendo davvero!» esclamò contento Ash.
«Potrebbe essere
l’errore più grande della mia vita, ma non voglio rischiare di non
commetterlo.»
Ash lo baciò sulla
guancia. «Non so perché, ma speravo mollassi tutto.»
«Io lo so il
perché. Non ho fatto altro che pensarci tutto il tempo. Credo che tu mi abbia
in qualche modo cambiato Ash. Da quel giorno sono cambiate tante cose per me.»
«Anch’io credo di
essere cambiato.» Lasciò quella frase sospesa in aria, come se racchiudesse in
sé un significato più profondo, ma non necessitasse una spiegazione.
«Secondo te sono
stato crudele con Pussy Kate e Prick?»
Ash ci pensò su un
attimo. «No, credo sia la tua natura. Ho sempre sospettato che fossi il gemello
cattivo.» Scoppiarono a ridere e sgommando diventarono una macchia sempre più
piccola all’orizzonte.”
Morale della fiaba?
Non saprei. Forse quando ci aspettiamo che qualcosa vada in un modo, spesso
finisce al contrario, e per quanto desideriamo che somigli ai nostri desideri
non è mai realmente come vorremmo.