martedì 21 aprile 2015

RACCONTO: DUE GOCCE D'ACQUA

DUE GOCCE D’ACQUA - di Fab Draka





«C’erano una volta due fratelli gemelli di nome Prick e Dick.»
«Avanti, smettila...»
«Ma erano davvero questi i loro nomi! Non mi interrompere, dicevo…»
“C’erano una volta due fratelli gemelli di nome Prick e Dick. Quest’ultimo aveva improvvisamente deciso all’età di ventitré anni di sposarsi con la dolce Pussy Kate...”
«Ma dai!»
«Se non la smetti non racconto più.»
“Pussy Kate era molto carina e dalla mentalità aperta, tanto da non trovare difficoltà nell’accettare anche il cognato Prick, dichiaratamente gay. Quest’ultimo, a differenza del fratello, non ne voleva sapere di sposarsi, ma era contento che Dick avesse trovato la sua metà. Sosteneva di essere troppo giovane per accasarsi e voleva godersi la vita ancora per un po’ insieme al suo ragazzo Ash, che a letto ci dava dentro da matti. Particolarmente ricettivo, Ash sapeva cogliere i desideri di Prick senza che lui avesse nemmeno il bisogno di esporli e soddisfaceva ogni sua richiesta ogni volta che voleva. Dick e Pussy Kate ebbero modo di accorgersene presto, poiché durante i preparativi per il matrimonio decisero di comune accordo di convivere per un breve periodo assieme nella casa dei genitori, che era stata lasciata in dono a Dick. Ogni notte pareva che nella stanza a fianco stesse scoppiando una guerra e i due si chiedevano con grande curiosità cosa stessero combinando quei due porcellini dall’altra parte del muro.
Dick in particolare cominciò a essere stranamente incuriosito dalle pratiche del fratello. Era da parecchio tempo che non aveva rapporti con una ragazza. Come se non bastasse, la sua cara Pussy Kate aveva deciso di voler arrivare illibata al matrimonio e per lui quella si era rivelata una prova troppo ardua da sostenere. E sentire tutti quegli ansimi, accompagnati dalle molle del letto che cigolavano, non aiutava a mantenerlo sereno. Nonostante quel piccolo problemuccio tuttavia si trovarono davvero bene a convivere assieme e Dick si rese conto che tutto ciò gli sarebbe mancato una volta sposato. Lo consolava solo il pensiero di dare finalmente una svolta alla propria vita.
Era pieno agosto e mancava poco meno di una settimana al matrimonio. Dick si era messo ad annaffiare il bellissimo roseto che sua madre aveva creato nel giardinetto di casa (non per altro era una nota fiorista). Se ne stava a petto nudo, con le goccioline di sudore che pian piano scivolavano sui pettorali e sugli addominali ben scolpiti. Era bellissimo e sexy, proprio come suo fratello Prick. Identici come due gocce d’acqua.
Quel giorno Pussy Kate e Prick erano andati insieme a ritirare l’abito da sposa dal negozio. Prick era stato contento di accompagnare la cognata per la prova finale dell’abito, accettando di fingersi il fratello sotto richiesta di quest’ultimo, per non rompere la tradizione secondo cui porta sfortuna vedere la sposa prima delle nozze. Pussy Kate non era per niente superstiziosa, ma Dick sì e parecchio.
Nel frattempo Ash, che era stato fuori città per un paio di giorni, scendendo dal taxi che lo aveva riportato a casa si era trovato in giardino davanti al bel sedere di Dick, piegato in avanti mentre tagliava alcuni rametti.
«Non pensavo ti dedicassi al giardinaggio» disse. Dick si voltò un attimo, lo salutò con un sorriso e rispose tranquillamente.
«Non lo faccio sempre, ma sta diventando un’abitudine.» Tornò a sistemare l’aiuola e all’improvviso Ash gli palpeggiò il sedere. Dick sussultò e voltandosi incredulo urlò contro il ragazzo.
«Ma che fai?»
«Ah, scusa, hai ragione. Siamo in pubblico» disse Ash arrossendo. «Possiamo appartarci se vuoi…» aggiunse ammiccante togliendo col dito alcune gocce di sudore dal petto di Dick. Il ragazzo rimase senza parole, poi capì. Ash doveva averlo scambiato per suo fratello. Quale ironia! Due fratelli che si erano scambiati di identità.
Dopo un attimo di confusione Dick fece per spiegare la situazione, ma Ash gli tappò la bocca con un dito. «Vedrai che faremo prima che gli altri tornino.»
Dick non capì se volontariamente Ash lo avesse scambiato per Prick o se fosse solo un grande malinteso, ma quando Ash gli tappò la bocca in quel modo provò un brivido d’eccitazione. Sarebbe stato sleale verso Pussy Kate e Prick quel comportamento, ma gli ormoni ebbero la meglio. Gli si presentava l’occasione di realizzare una fantasia che lo incuriosiva da giorni e Ash in fin dei conti era un bel ragazzo. C’era stata una notte in cui Dick aveva addirittura provato un po’ di attrazione nei suoi confronti.
Era successo qualche giorno prima, alle prove della cena per il matrimonio. La sala era stata imbandita con veli bianchi e celesti, ricoprendo le grandi vetrate squadrate che la circondavano. Il tavolo della cena era lunghissimo e vi erano stati disposti i parenti più stretti e gli amici. Gli altri invitati erano invece stati distribuiti all’interno della sala in tavoli circolari con al centro composizioni floreali degne della maestria materna. La cena era stata ottima e mentre gli ospiti parlavano rumorosamente, Dick era andato sulla balconata del terrazzo a fumare una sigaretta. Vi trovò Ash, appoggiato al balcone di marmo che guardava l’orizzonte con occhi sognanti. Anche lui stava fumando. Dick perlustrò le tasche in cerca di un accendino e Ash gli prestò il suo.
«Grazie.» Accese la sigaretta e gli restituì l’accendino.
«Di niente» rispose Ash. «Così uguali e così diversi» aggiunse dopo una breve pausa.
«Che vuoi dire?»
«Prick mi farebbe una ramanzina se mi vedesse fumare, per questo sono venuto qui fuori.» Tirò una boccata. «Tu invece non ti fai problemi. Come me te ne freghi degli effetti sulla salute.»
«Prima o poi tocca a tutti tirare le cuoia.»
«Amen!» esclamò Ash ridendo.
«Halleluja!» replicò Dick e per un attimo si guardarono negli occhi intensamente. «Siamo cresciuti diversamente, tutto qui» continuò distogliendo lo sguardo, sentì una strana sensazione allo stomaco, le famose farfalle. Rimasero in silenzio per qualche minuto fissando la notte e le stelle. Poi il volto di Ash fu attraversato da un’espressione di totale malinconia.
«Che succede?» chiese Dick osservandolo.
«Nulla» rispose Ash scuotendo la testa. Prese un’altra boccata dalla sua sigaretta. «È solo che a volte mi capita di sentirmi fuoriposto.»
«In che senso?»
Ash spense la sigaretta sulla balconata e la gettò nel buio della notte, poi fissò Dick. «Sai, vedere tutte quelle famiglie che sembrano avere una vita perfetta è così... destabilizzante. Il fatto è che credo non raggiungerò mai quel livello di accettazione che vi rende tanto soddisfatti. Voi potete realizzare le vostre vite senza grandi ostacoli. Per noi gay già definirci tali è un ostacolo gran parte delle volte. Questo mi blocca.»
«Insomma vuoi dirmi che per voi... scusa, che per te la vita è difficile.» Ash lo guardò dritto negli occhi.
«Lo è per tutti.» Spostò nuovamente lo sguardo nel buio. «Noi però dobbiamo avere a che fare con tanta merda prima di definirci veramente liberi. E c’è sempre qualcuno che vuole mettercela in quel posto per fregarci. Spesso è come se non facessimo parte dell’ambiente. Ci sentiamo estranei e vorremmo cambiare le cose, ma non ci è permesso. Contiamo meno di zero. A volte ti senti piccolo come una formica.»
«Wow! Non ti credevo così profondo!» esclamò con enfasi.
«Perché tu come tanti altri mi credi solo una checca senza cervello.»
«No, mi hai frainteso» cercò di scusarsi rammaricato, «È che sembri un ragazzo così spensierato, stravagante.»
«Ovvero frivolo? Convinzione tipicamente etero. È proprio di questo che ti parlavo. È anche per colpa vostra se ci sentiamo fuori posto. Ci credete tutti uguali.» Se ne stava per andare, ma Dick lo trattenne per il braccio. «Tu non capisci niente. Vuoi fare quello di mentalità aperta, ma in realtà sei come quelli che ci credono tutti pervertiti in cerca di cazzo.»
Dick si crucciò un po’ e provò tenerezza per lui.
«Non smettere mai di lottare per quello in cui credi.» Gli fece un buffetto sulla guancia e Ash sembrò mostrare un accenno di sorriso, ma giocò a fare l’offeso e tornò alla festa. Dick lo trovò adorabile e provò una sensazione strana tornando in sala, la stessa che provava ora trovandoselo davanti mentre gli accarezzava il petto sudato. Si rese conto di essere eccitato. Che ci fosse un po’ di Prick anche in lui? Non ci pensò troppo e le conseguenze dell’azione che avrebbe commesso passarono in secondo piano. Lo prese per mano e lo condusse dentro casa verso il letto di Prick.
Il profumo di Ash era inebriante, speziato e forte. Dick non si era mai arrapato per il profumo di un uomo, ma quello era fantastico. Ash sembrava in trance, era sempre stata una sua fantasia erotica scopare col giardiniere. Faceva tanto soap-opera ma lo divertiva.
Fecero l’amore due volte di seguito, Dick non sembrava mai sazio. Era sconvolto da tutte le emozioni che provava. E tra orgasmi e sensi di colpa si ritrovò sdraiato sul letto, ormai totalmente sfinito, accanto ad Ash che lo era a sua volta. Prese una sigaretta e se la portò alla bocca. Ash fece un balzo dal letto.
«Che ti prende? Sei impazzito?» esclamò Dick con la sigaretta tra i denti.
«Tu! Tu stai fumando! Non sei Prick!» Dick ebbe un tuffo al cuore. Improvvisamente realizzò la stupidaggine che aveva fatto. Si sarebbe sposato tra pochi giorni e aveva tradito Pussy Kate con un uomo. Cosa le avrebbe detto? E Prick come l’avrebbe presa? Ma soprattutto come poteva giustificarsi con Ash dopo averlo usato in quel modo?
Ash si teneva la testa come se dovesse esplodergli da un momento all’altro. Si sentiva incredibilmente colpevole per aver tradito il suo ragazzo. E forse la cosa che più lo faceva sentire in colpa era di aver immaginato, quasi sperato, che la persona con cui stava facendo sesso fosse Dick.
«Cosa abbiamo fatto?» esclamò col terrore negli occhi.
«Oddio Ash, mi dispiace. Io non so cosa mi è preso, non...»
«No, Dick. È stata anche colpa mia. L’abbiamo fatto insieme e poi...» Fermò il suo sguardo nel vuoto.
«E poi cosa?»
«E poi lo desideravo un po’…» Quell’affermazione sorprese Dick.
«Che vuoi dire Ash? Mi hai provocato intenzionalmente?» Si sentì a sua volta usato e il pensiero lo ripugnò. Era stato manipolato. «È stato un errore, non accadrà mai più» disse vestendosi velocemente. Si fermò un attimo. «E non è mai accaduto Ash» lo minacciò.
Ash si sentì sprofondare, trattenne le lacrime e annuì. Dick uscì dalla stanza e Ash non resse più, scoppiò a piangere coprendo gli occhi per la vergogna.
Il giorno del matrimonio tutto era pronto, tranne lo sposo. Da quell’avventura clandestina lui e Ash non si erano più rivolti la parola. Fra di loro solo sguardi sfuggenti e ostili. Ora che era arrivato il grande momento Dick non si sentiva pronto. Mille pensieri e ripensamenti gli affollavano la testa. Stava facendo la cosa giusta? Pussy Kate era davvero quello che voleva? Perché andare a letto con Ash lo aveva soddisfatto molto più di quanto avrebbe potuto la dolce Pussy Kate? E perché ogni volta che scrutava Ash di nascosto provava quella strana sensazione al basso ventre? Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dall’entrata in stanza della causa di tutto quel tormento.
«Che ci fai qui?» chiese Dick sorpreso.
«Gli invitati non ti hanno ancora visto entrare e sai com’è la tradizione, la sposa non può entrare se non c’è il suo sposo ad attenderla.»
«Ah. Giusto» disse cupo.
«Ci hai ripensato?»
Dick lo fissò. «Non lo so. Non so più cosa fare.»
«È colpa mia?»
«Sì lo è Ash.» Si sedette su una panca. «Tu mi hai confuso. Io ho paura che...» In quel momento entrò Prick tutto pimpante. «Ehi fratellone, che succede? Hai la sindrome da fuga dal matrimonio?»
«Smettila Prick, lascialo in pace.»
«Ehi, se non se la sente non gli punta nessuno una pistola contro.» Infilò una mano in tasca e ne uscì un mazzo di chiavi. «Se vuoi qua fuori c’è la mia nuova decappottabile» disse sventolandogliele davanti. «Sei ancora in tempo se vuoi scappare.» Rise.
Dick le osservò penzolare davanti ai suoi occhi e in un colpo le prese uscendo di corsa dalla stanza. Prick ne fu sorpreso e al contempo turbato.
«Io scherzavo, non pensavo lo avrebbe fatto davvero!» esclamò.
«Aspetta Dick!» urlò Ash. Diede un bacio veloce al suo ragazzo e si accostò alla porta. «Ti spiegherò Prick, mi dispiace.» Se ne andò, saltando sull’auto insieme a Dick. Quest’ultimo ingranò la marcia e insieme sfrecciarono verso le campagne.
«Non ci posso credere che lo stiamo facendo davvero!» esclamò contento Ash.
«Potrebbe essere l’errore più grande della mia vita, ma non voglio rischiare di non commetterlo.»
Ash lo baciò sulla guancia. «Non so perché, ma speravo mollassi tutto.»
«Io lo so il perché. Non ho fatto altro che pensarci tutto il tempo. Credo che tu mi abbia in qualche modo cambiato Ash. Da quel giorno sono cambiate tante cose per me.»
«Anch’io credo di essere cambiato.» Lasciò quella frase sospesa in aria, come se racchiudesse in sé un significato più profondo, ma non necessitasse una spiegazione.
«Secondo te sono stato crudele con Pussy Kate e Prick?»
Ash ci pensò su un attimo. «No, credo sia la tua natura. Ho sempre sospettato che fossi il gemello cattivo.» Scoppiarono a ridere e sgommando diventarono una macchia sempre più piccola all’orizzonte.”
Morale della fiaba? Non saprei. Forse quando ci aspettiamo che qualcosa vada in un modo, spesso finisce al contrario, e per quanto desideriamo che somigli ai nostri desideri non è mai realmente come vorremmo.


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