"Arrivato il mio turno ero
agitatissimo [...]. Entrai nella stanza e mi ritrovai davanti di nuovo quel
tizio, Tobias Corto, solo che questa volta era accompagnato dal suo assistente
(il segretario sculettante) e quattro ragazzi, tutti molto carini. Con uno di
loro mi scambiai delle occhiate molto intense.
Era afroamericano e aveva tratti
facciali delicati ma allo stesso tempo decisi e mascolini. Gli occhi verde
mare, cosa rarissima per uno con la sua carnagione, facevano da contrasto e
lanciavano sguardi penetranti. Portava i capelli rasati a zero ed era vestito
alla moda, inoltre profumava di qualcosa di dolce e intenso al cocco (insolita
scelta per un ragazzo mascolino come lui). La sua bocca era molto sensuale e
mentre mi studiava si delineò in un bel sorriso bianco.
«Allora.» cominciò Corto. «L’ultima
volta il nostro incontro è stato così breve che non mi hai dato il tempo di
conoscerti. Parlaci un po’ di te.» Non sapevo da dove cominciare.
«Cosa volete sapere di preciso?»
chiesi impacciato, sentendomi improvvisamente a disagio. Mi sembrava di stare davanti
a una corte di giudici.
«Raccontaci qualcosa della tua vita»
disse il ragazzo dallo sguardo intenso.
«Beh, vivo in questa città da quasi
un anno. Sono venuto qui con la speranza di fare una vita migliore, senza
pressioni di alcun tipo. I miei genitori sono dei tipi un po’ particolari...»
dissi con una risatina, ma la cosa non risultò molto divertente né per me né
per loro. «Ho già fatto questo lavoro, dunque ho un po’ di esperienza.»
«Hai già lavorato per un’agenzia di
escort?» chiese l’assistente di Corto. Rimasi per un attimo senza dir nulla.
«Allora?» chiese impaziente.
«No, a dire il vero. Ho lavorato...
in proprio» risposi. Mi rivolse un sorriso maligno.
«In che senso?» chiese uno dei
quattro ragazzi. Aveva i capelli a spazzola e un piercing al lobo a forma di
teschio. Un altro gli sussurrò all’orecchio qualcosa e si mise a ridere sotto i
baffi, ma il ragazzo afroamericano gli ordinò di smetterla.
Anch’io ero stufo di quei risolini e
di quell’arroganza. Perché farmi intimidire da quel mucchio di isteriche?
Facevano il mio stesso lavoro anche se per mezzo di un’agenzia, ma questo non
li rendeva certo migliori di me.
«Cos’hai da ridere? Ti diverte che
abbia fatto dei sacrifici per andare avanti? Magari tu hai fatto subito la bella
vita, ma sei forse una star? Se proprio vuoi saperlo oltre a prostituirmi ho
anche lavorato per un fotografo, ho fatto il modello. Ma questo tu non lo sai,
non puoi saperlo, perché non mi conosci.»
«Senti dolcezza, non ti scaldare...»
disse il tipo che rideva.
«Ehi, è vero!» lo interruppe l’unico
dei quattro che fino ad allora non aveva parlato. «È quello della pubblicità di
Aladino!» Il tipo che rideva lo incenerì con lo sguardo, poi si rivolse di
nuovo a me.
«Per me puoi aver fatto quello che
vuoi» disse, «Ma qui dentro la star sono io.»
«Ah sì? E potresti dirmi il tuo
nome? Perché non ti ho mai visto in vita mia.»
«Brett Stevens. Lieto.»
«Non posso dire lo stesso» risposi
sconcertandolo.
«E tu assumeresti un tipo così,
Toby?» disse Brett a Corto. Quest’ultimo lo ascoltò ma non rispose.
«Perché no?» disse il ragazzo
afroamericano. «È carino e poi ha già fatto l’escort. Non è un novellino.» Mi
sorrise e ricambiai ringraziandolo. «Comunque il mio nome è Kieran.» disse
alzandosi per stringermi la mano.
«Il mio nome è Kieran. Gnè gnè gnè»
gli fece eco Brett.
«Ma sei sempre così antipatico?» gli
chiesi mentre stringevo la mano a Kieran. Per poco Brett non mi uccise con lo
sguardo.
«Questo è tosto!» disse il ragazzo
che aveva riconosciuto in me l’Aladino della pubblicità. «Io sono Jamie.» disse
venendomi incontro per salutarmi.
«E io Jake.» disse il ragazzo con i
capelli a spazzola.
Il tutto era molto strano, perché
fino ad allora mi erano stati ostili, ora invece mi trattavano alla pari.
Doveva essere scattato qualcosa, forse quel Brett stava antipatico anche a
loro. Osservai Corto mentre venivo accolto dai ragazzi, senza capire se quello
significasse avere ottenuto il posto o meno. Lo guardai dritto negli occhi e
lui sorrise. Allora mi fu chiaro, ero uno di loro."
Tratto dal
romanzo Principi azzurri a luci rosse,
capitolo 24 "Dieci piccole amiche".
Fab Draka
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